“Sono sopravvissuto soltanto io e chissà per quanto”: così Giuseppe Leone scherza amaramente quando presenta il suo ultimo libro. Un lavoro insolito, “Storia di un’amicizia”, difficile come può essere raccontare qualcosa di intimo come l’amicizia e per di più con le foto, rintocchi precisi che scandiscono il tempo, la storia. Nel libro son ben chiare entrambe, la storia e l’amicizia: quelle private del fotografo ma non solo. Perché quando vivi certi momenti storici e i tuoi amici sono tra i più grandi protagonisti della letteratura novecentesca, come Gesualdo Bufalino, Vincenzo Consolo e Leonardo Sciascia, la storia smette di essere solo tua e diventa la Storia, quella da cui hanno attinto opere destinate a diventare pietre miliari. Normalmente il fotografo è un occhio esterno, un narratore silenzioso che vede senza essere visto e, anche quando riesce a integrarsi nel contesto, mantiene sempre la posizione privilegiata di osservare da fuori. Non stavolta.
Si sfoglia il libro e si incontrano i sorrisi beffardi e gli sguardi intensi di persone reali nei loro contesti, gli stessi a cui lo stesso Leone apparteneva. Come ha sottolineato Giuseppe Prode, che ha curato la pubblicazione, non capita certo a tutti di poter fissare Leonardo Sciascia a colazione o di trovarsi a scherzare con tre Meridiani Mondadori. Sfogliando le pagine del libro – edito da Postcart con una postfazione di Salvatore Silvano Nigro – non si ha tuttavia la sensazione di violarne l’intimità; si osservano con attenta ammirazione l’acuta fierezza di Elvira Sellerio, lo sguardo profondo e malinconico del marito Enzo, il sorriso bonario e gli occhi curiosi di Antonino Uccello, l’espressione assorta e contemplativa di Vincenzo Consolo, l’oculata e misurata eleganza di Gesualdo Bufalino, l’intensità ironica ma corrucciata di Leonardo Sciascia. Come ha detto Pippo Pallalardo, le sue foto sono “prelievi del tempo”, momenti storici divenuti eterni grazie alla fotografia.
Le foto sono accompagnate da un testo dello stesso Leone, che parla in prima persona e, a dire il vero, non è chiaro se siano le parole ad accompagnare le immagini o viceversa. Il fotografo racconta spassosi aneddoti, come quelli del viaggio in Spagna con Sciascia e Ferdinando Scianna e subito ecco spuntare i loro sorrisi spontanei. Il libro vanta in chiusura il dattiloscritto originale di “La contea di Modica” scritto da Sciascia nel 1983 con cui, ricorda Leone, riuscì a “fare conoscere una spaccato della Sicilia con una fantasia di scrittura che non ha uguali”.
Il libro è stato presentato un paio d’anni fa a Ragusa in Prefettura, nel salone decorato dalle tempere a tema fascista di Duilio Cambellotti: il luogo ideale per ricordare l’amicizia tra Leone e Sciascia che nel 1987 proprio tra quelle mura, all’epoca coperte con teli neri per “damnatio memoria” del Duce, lavorarono per “Invenzione di una prefettura. Le tempere di Duilio Cambellotti nel Palazzo di Governo di Ragusa” di Bompiani. Quella volta intervenne dal pubblico il fotografo Mario Cresci che ricordando come rara e coraggiosa sia la scelta di Leone di non allontanarsi, facendo della sua terra il suo mondo e ponendo la stessa delicatezza poetica a tutti gli aspetti, dai matrimoni, a paesaggi e architetture, a bambini e anziani: il fotografo non si è limitato a prendere ma ha anche dato molto. Ha assorbito la cultura dei grandi autori siciliani e sicuramente ha anche dato loro molto.
Magari tra uno scambio di battute e risate, su una panchina.