Charleston è il ballo della New York di Al Capone, il ritmo di pericolose gangster maschili e di sbarazzini caschetti femminili. Siamo negli anni Venti. Per noi però, pur restando negli anni Venti, Charleston è Mondello: lo stabilimento balneare è senz’altro, nell’immaginario palermitano e non solo, il cuore della suggestiva baia compresa tra Monte Pellegrino e Capo Gallo. Oggi ci si va a cena, a gustare l’atmosfera di un secolo fa, respirare la raffinatezza dell’antica buona società palermitana, apprezzare una cucina che non può che valorizzare quel mare su cui lo stabilimento sembra galleggiare.
Fu prima un Milanese dall’occhio lungo, Luigi Scalia, a cogliere le potenzialità del posto, poi la stampa francese e infine una società belga che avviò nel 1913 i lavori del noto stabilimento, affidati allo sconosciuto architetto Rudolf Stualker su cui poco si sa. Il progetto doveva essere destinato alla belga Ostenda e forse a questo si devono le insolite palafitte su cui poggiano le cabine di questo eccentrico e imponente cuore di Mondello, che ancora oggi lo identifica nel mondo.
Fatto sta che, sulla scia dei bei più noti Ernesto Basile e Giuseppe Damiani Almeyda, impegnati a Palermo tra teatri, ville e villini, Mondello in pochi anni si arricchisce di architetture liberty che nulla hanno da invidiare a quelle della città. Al centro della baia, rimane però lo stabilimento che dal 1969 ospiterà la sede estiva del famoso ristorante Charleston (nato in pieno centro a Palermo e trasferitosi nel 2011 a Mondello nella villa, liberty ovviamente, dei Conti Bernard de la Gatinais). Col boom degli anni Sessanta, la clientela cambia, dall’antica nobiltà all’alta borghesia, ma lo stabilimento rimane comunque uno dei luoghi più prestigiosi della società palermitana. Nonostante il ristorante Charleston non sia più lì, la felliniana piattaforma sul mare circondata da cabine continua a essere indicata col suo nome. Oggi lo stabilimento ospita il ristorante “Alle terrazze”
Architetto semisconosciuto, ristorante originario altrove, monumentalità che stona un po’ col piccolo borgo, profumo di spensierati e vacanzieri tempi passati, fatto sta che questo posto offre tuttora la possibilità di cenare su una delle più straordinarie terrazze sul mare, in un’atmosfera formale ma non troppo.
L’ingresso onestamente intimidisce un po’ ma il sorriso rassicurante del personale tranquillizza subito il cliente. Si attraversa il grande salone, arredato con pezzi moderni di design (gran parte degli arredi originali fu portata a Villa Igiea dagli Alleati) che tuttavia non competono né litigano con la storia della struttura, e si rimane frastornati dalla bellezza della terrazza. Molti sono i locali che si fregiano di essere “sul mare” ma qui (dopotutto siamo su palafitte) l’espressione è usata davvero in senso letterale!
Notevole l’antipasto di crudi, il “plateau imperiale” con carpacci, tartare, gambi, scampi e ostriche, dal nome un po’ troppo altisonante che crea alte aspettative. Se ci si aspetta qualcosa di sovranamente plateale e teatrale, si rimane delusi ma l’antipasto risulta in realtà giusto nelle quantità e ottimo nella qualità freschissima della materia prima, rispettata e valorizzata.
Stessa attenzione per il secondo, una freschissima cernia all’acquapazza, consigliata dal personale, sempre attento senza essere invadente. Charme di Firriato ha chiuso il cerchio. Un po’ deludenti i dolci, vari e ben presentati nel carrello ma un po’ banali nella tipologia e nel gusto.
Tavoli distanziati, tovagliato impeccabile e servizio ottimo.
Prezzo alto, decisamente sopra la media (quasi cento euro a persona) che sarebbe spropositato se non si apprezzasse il contesto unico. Mangiare il mare sul mare. Ne vale la pena.