Metamorfosi di Picasso a Palazzo Reale di Milano

Se dici “Picasso” dici cubismo. Se non dici cubismo, forse ti riferisci al periodo blu o a quello rosa. In ultima alternativa, escluse le precedenti ben note, non resta che il periodo plastico. La mostra in corso al Palazzo Reale di Milano invece non riguarda nessuno di questi argomenti. Si concentra su quello che c’è prima, le fonti d’ispirazione che a quelle opere hanno portato l’indiscusso genio spagnolo. Una mostra insolita, “Metamorfosi” ,che offre, di opera in opera, non un senso cronologico del percorso dell’artista quanto piuttosto del suo processo creativo.bacio rodin

Troveremo quindi Rodin, col suo Bacio, che Picasso aveva avuto modo di ammirare a Parigi, per poi riproporne il tema svariate volte, adattandolo alle varie donne-muse-compagne della sua vita, Fernande Olivier, Olga Chochlova, Marie-Thérèse Walter, nonché al contesto storico del secondo conflitto mondiale o alla parentesi surrealista. Costante nella sua visione delle donne e dell’amore sempre una connotazione erotica, nella mostra esaltata grazie a similitudini e contrasti, ad esempio col mondo antico.

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Superato il tema dell’amore, la mostra procede con i riferimenti alla mitologia e alla figura del Minotauro, in cui l’artista si riconosceva, affascinato dalla sua doppia natura umana e bestiale, e nello studio del quale saranno numerose le anticipazioni che troveranno in Guernica nel 1937 la loro apoteosi di forza e animalesca violenza.

Ci sono poi i riferimenti fanciulleschi che negli stessi anni stavano affascinando Matisse, fonte d’ispirazione a sua volta e, come sempre e soprattutto dopo il viaggio in Italia del 1917, i riferimenti all’arte romana nonché a quella etrusca e greca. Infine, le numerose visite al Museo del Trocadero a Parigi, con le sue sculture primitive, non lo lasciano certo indifferente, riconoscendo in queste la forza primordiale e spontanea della pura rappresentazione artistica.

L’ultima parte della mostra è dedicata alle sperimentazioni dell’artista, ad esempio con l’assemblage, in cui sembrano quasi i materiali a cercarsi tra loro per darsi una forma, rompendo ogni schema e stravolgendo ogni ordine perché, come diceva Picasso, non ripudiando ma affrancandosi da quella classicità che tanto aveva fatto nel suo percorso, “l’arte non è l’applicazione di un canone di bellezza ma ciò che l’istinto e il cervello elaborano dietro ogni canone”.

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La mostra, che chiuderà i battenti domenica prossima, 17 febbraio, per lasciar spazio alla prossima su Antonello da Messina, lascia qualche perplessità, rivolgendosi a un pubblico che già conosca piuttosto bene Picasso e sia in cerca di un approfondimento. Ottima la scelta di compensare l’insolita selezione con un numero adeguato di opere, un approccio semplice e una comunicazione molto chiara per quanto riguarda le didascalie, sicuramente in grado di incuriosire su quel che maturerà da tutti questi semi e influenze esposti.

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