Palazzo Strozzi: Donatello è Donatello, uomo al centro

Donatello è Donatello. Donatello è Firenze ed è anche il Rinascimento, l’inizio almeno. Inevitabile un po’ di soggezione, un po’ di prudente diffidenza nei confronti di chi sia così audace da avvicinarvisi a sfidarlo in una mostra. Ci vuol coraggio. Eppure la mostra a Palazzo Strozzi, annunciata a tamburo battente negli ultimi mesi come la mostra dell’anno, non delude affatto le aspettative.

Il contenitore, palazzo tipicamente rinascimentale in bugnato fiorentinissimo e corte centrale, si rivela come sempre adeguato e perfettamente organizzato in termini di servizi, online e in presenza.

La mostra si apre con un colpo d’occhio da copertina: David con la testa di Golia ai suoi piedi e ai lati i due crocifissi di Donatello e di Brunelleschi, quelli oggetto della sfida che si concluderà con la famosa sentenza di Filippo all’amico, accusato di “aver messo in croce un contadino”. Inizio di grande effetto assicurato, ottima copertina.

Si procede di sala in sala, passando tra marmi e terracotte, fino ad arrivare allo sfavillio del bronzo dorato del S. Ludovico di Tolosa, quasi subito strappato (unico in bronzo dorato) dalla sua nicchia di Orsanmichele, solenne e monumentale a benedire i passanti e la Parte Guelfa che ne aveva finanziato l’esecuzione.

Poi il Banchetto d’Erode, uno tra i momenti più raccapriccianti delle Sacre Scritture, di cui Donatello non nasconde nulla: la brutalità della testa del Battista e la reazione umana, anzi umanissima di tutti, perfino di Erode, che davanti a tale orrore, da lui stesso commissionato, non può fare a meno di ritrarsi. Con lo stiacciato (la tecnica donatelliana per eccellenza, quella che prevede una graduale riduzione dell’altezza del rilievo, che fa sì che le figure sembrino quasi affiorare in superficie), Donatello ci fa letteralmente attraversare il palazzo, sovrapponendo diversi piani di profondità. C’è l’uomo al centro -non a caso siamo in tempo di Umanesimo- con le sue reazioni istintive, di sorpresa, di disgusto, di orrore davanti alla violenza attuata. Lo stiacciato però è ideale anche per dare il senso di morbidezza di un abbraccio, quello di una madre a suo figlio, come si può ben vedere nella berlinese Madonna col Bambino, in cui i due personaggi sembrano quasi fondersi in questo gesto di tenerezza.

Solenne monumentalità prima, orrore dopo, dolcezza a seguire, divertimento subito dopo.

Dalla dolcezza del Bambino, all’ironia degli spiritelli, in modo particolare questo buffoncello in bronzo che sembra incantarci con le sue movenze ruffiane. Puttini dispettosi ovunque, bambini che non stanno un attimo fermi, ora sui reggicandele, ora sul pulpito di Prato dove si scatenano al ritmo di una musica che sembra quasi di sentire. Incontenibile e irrefrenabile entusiasmo.

La seconda parte della mostra cambia completamente registro: vede le porte in bronzo della Sagrestia Vecchia che, uscite per il restauro hanno fatto sosta alla mostra, il San Giovanni Battista (adolescente) dei Martelli che sembra competere sia col David all’ingresso, sempre in marmo, che col San Giovanni Battista (anziano stavolta) in bronzo, consumato dalla penitenza del deserto: l’intensità di Donatello è straordinaria e finalmente – Vasari direbbe dopo i secoli bui del Medioevo- l’uomo torna al centro. Sarebbe stato stupendo avere anche la Maddalena lignea ma pazienza.

Uomo al centro, anche quando è Santo, perfino quando si parla del figlio di Dio: l’uomo sulla croce non nasconde affatto la sua sofferenza, umana umanissima, e il chiaroscuro drammatico non fa che esaltarne il pathos. Commovente.

Infine ecco che alla mostra arriva Padova, dove Donatello rimarrò un decennio, lasciando il Gattamelata e l’altare del Santo: è da lì che proviene “Il miracolo della mula”. C’è tutto: prospettiva, altorilievo, stiacciato, pathos, uomo, movimento. 

Infine, la mostra si chiude con un tentativo di chiudere il cerchio: un confronto, sicuramente molto scenografico, tra la testa equina di Donatello (h. 175 cm!) e quella  di un originale ellenistico. Donatello prende l’antichità, l’assorbe, la fa sua e la riempie di vita. Donatello lavora tutto, qualsiasi materiale, qualsiasi sentimento, qualsiasi sfaccettatura dell’essere umano, con una padronanza della tecnica e una conoscenza dell’uomo, che davvero ne fanno uno degli artisti più contemporanei e innovativi ancora oggi. Universale, intramontabile.

Una delle mostre più interessanti, curate e complete degli ultimi anni.

La mostra continua al Bargello, che però gioca in casa, visto che gran parte delle opere fanno parte della collezione permanente. Quindi, se il tempo è poco, meglio scegliere Palazzo Strozzi, che ha al momento opere provenienti anche dall’estero. Consigliatissima l’audioguida, va bene una in due, presso la biglietteria!

Fino al 31 luglio https://www.palazzostrozzi.org/archivio/mostre/donatello/

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